Monterchi

Monterchi, situata a 30 km da Arezzo sulla strada per Città di Castello, era un antichissimo castello arroccato sulla vetta di un alto colle immerso nella verde e ridente Valle del Tevere.

Il nome svela le sue origini pagane e deriva da Ercole,eroe e semi Dio dell’antichità. Prima si chiamò Mons Herculis, poi Monterclo e Montercle, quindi Monterclio, Montercole ed infine Monterchi.
Si dice che una volta il colle era un’ isoletta del lago di Celle, se non addirittura di un lago più vasto che avrebbe occupato tutta l’attuale pianura dell’Alta valle del Tevere che va da San sepolcro a Narni : il lago Tiberino.

Oggi Monterchi è tappa d’obbligo del turismo d’arte per la presenza del famoso affresco pierfrancescano della Madonna del parto dipinto in loco intorno al 1459.

Circa le sue origini sappiamo soltanto che Piero la dipinse nella parete dell’altare maggiore della chiesa di Santa Maria di Momentanea sopra una preesistente pittura che raffigurava una vergine con bambino ma i motivi di tale sostituzione e il nome del committente sono tuttora ignoti. Certo il sito dove è stata dipinta la Madonna gravida rimanda senz’altro la memoria ad antichi riti pagani di cui la terra Valtiberina era ricca. A Monterchi era presente la venerazione per alcune fonti dette “lattaie” dove le gestanti e le puerpere si recavano per chiedere protezione per se stesse e per i nascituri e , naturalmente ,latte in abbondanza. Restaurata nel 1992 oggi l’opera è stata trasferita in una struttura museale situata in centro storico e protetta da una teca climatizzata ma non per questo perde di fascino e mistero. Non mancano tuttavia in Monterchi altri motivi di interesse,date le sue origini antichissime che la vedono castello di confine nel 1200 e 1300 ora soggetto ad Arezzo ora a Città di Castello e dal 1550 in poi caposaldo del Granducato mediceo di Toscana. A quest’ultimo periodo risale la ristrutturazione delle mura castellane e della chiesa di San Simeone nella quale si conservano opere che meritano particolare attenzione come i tre bassorilievi in pietra del 1400, un crocifisso ligneo e un ciborio dello stesso periodo e un pulpito in pietra del 1500 con, guarda caso, Ercole che uccide l’idra.

Ma questa terra non è solo piena di riferimenti mistici , è anche la terra dell’ Homo Salvatico, uomo leggendario che viveva selvaggio nei boschi della Murcia, protagonista di storie terrificanti spesso ambientate presso la “tina “, una vasca per la macellazione degli animali situata nelle profondità del bosco. Oggi la zona della Murcia rimane un luogo affascinante ricco di testimonianze del passato, come i resti della chiesa romanica di San Martino posti tra i bellissimi castagneti. Cultura e natura costituiscono pertanto un binomio indissolubile per questa terra e venire a Monterchi significa quindi non solo immergersi nella storia ma anche riappropriarsi di una natura ancora incontaminata e spesso “selvatica”. Le tradizioni locali ,in parte ancora vive, offrono molteplici centri di interesse. Il più evidente è quello eno-gastronomico , al quale ogni anno la proloco e il paese dedica la penultima domenica di settembre allestendo la SAGRA DELLA POLENTA con salsicce e fegatelli, la cui prima edizione risale al 1972. La crescente popolarità di questa festa deve essere ricercata negli ottimi cibi tipici di una economia rurale. Nella zona di Monterchi la polenta si fa con un particolare tipo di farina di mais molto fine detta “fioretto”e può essere condita subito calda con sugo di carne e formaggio oppure lasciata raffreddare,tagliata e messa sulle graticole ad abbrustolire quindi accompagnata da salsicce e fegatelli di maiale.
Il maiale è alla base della nostra tradizione culinaria e l’abbinamento con la polenta segue la filosofia contadina che “del maiale come del granturco non si butta via niente!”. E in effetti un tempo c’era poco da buttare…ma la polenta era buona con tutto, condita con il lardo e la cipolla,con l’olio e la salsiccia, con i fagioli e con i funghi e possibilmente in compagnia. Si , la polenta si mangia in compagnia , non sul piatto ma sul tagliere che non ha bordi,come una vasta pianura senza confini attorno alla quale tutta la famiglia si stringe per assaporare il medesimo cibo. Gli italiani si dividono in “terroni “ e “ polentoni” e noi monterchiesi che stiamo nel mezzo chi siamo?
Poveri mangiapolenta sì, ma anche gente dura, testarda, che sa ancora ritrovare nei cibi della propria tradizione il sapore del sudore e della terra. La Proloco di Monterchi cerca di portare avanti queste antiche tradizioni non soltanto attraverso la sagra ma anche promuovendo attività culturali legate alla nostra terra, quali la manifestazione teatrale “paesi a teatro”, dedicata al teatro popolare e alle compagnie teatrali della zona ,che si svolge ogni anno a partire dal mese di Marzo per concludersi ad Aprile, la gestione dell’ufficio turistico e la stesura e pubblicazione di libretti interessanti come “tutti a tavola con la polenta”, libricino che raccoglie ricette a base di polenta trovate nei cassetti e nei ricordi nostalgici delle nostre anziane e brave massaie che ci portano in un mondo diverso dal nostro, un mondo che piano piano sta scomparendo.
Anche questo è un modo di raccontare la nostra storia , la storia di chi ci ha preceduti, poiché essa non è limitata solo a fatti importanti come le guerre, i trattati, la vita dei santi, di imperatori o papi ma c’è anche la storia minore, le cronache di tutti i giorni, la storia della gente comune.
Donatella Forti